
È una condizione che si verifica molto più spesso di quanto non si pensi: Il proprietario della casa in cui vivi solo da poco tempo, ha deciso di metterla in vendita perché ha bisogno di liquidità (più o meno) immediata.
E tu? Come devi comportarti in questo caso? Inizi subito a cercare una nuova sistemazione o non hai la minima intenzione di sloggiare? Per fortuna, la legge parla chiaro. Vediamo di seguito quali sono gli oneri di entrambe le parti (locatore e locatario) in caso di vendita dell’immobile.
Decidere di vendere prima della scadenza di un contratto di locazione è regolare?
Iniziamo subito col dire che il proprietario di casa ha tutto il diritto di mettere in vendita l’immobile, e può farlo in qualsiasi momento. E proprio qui entra in gioco la legge: a seconda di quando l’immobile è messo in vendita, locatore e locatario debbono comportarsi in modi diversi.
Il modo corretto di mettere in vendita una casa attualmente abitata da un inquilino che paga regolarmente l’affitto è attendere la scadenza del contratto di locazione (di 4 anni + 4 stipulato a norma della legge 431/98, o 3+2 ad esempio) e inviare al locatario una lettera di disdetta almeno 6 mesi prima della scadenza del contratto stesso.
Se si verifica questa condizione, l’inquilino avrà sei mesi di tempo per trovare una nuova sistemazione e liberare l’immobile.
Nel caso in cui la decisione di vendere la casa avvenga prima della scadenza del contratto, si aprono diversi scenari:
1. L’inquilino è collaborativo e, spontaneamente decide di traslocare il prima possibile senza attendere la scadenza del contratto.
Quest’eventualità si verifica molto raramente soprattutto perché prevede un esborso ingente di denaro (al un’eventuale agente immobiliare incaricato di trovare un nuovo alloggio, una nuova caparra da depositare, il costo stesso del trasloco, ecc.) da parte di una persona che avrebbe tutto il diritto di non spendere questa cifra almeno fino alla scadenza del contratto.
2. L’inquilino non è collaborativo e si rifiuta di trasferirsi prima dei termini previsti dal contratto di locazione.
In questo caso, il padrone di casa può comunque decidere di mettere subito in vendita l’immobile ma non può costringere l’inquilino ad abbandonare la proprietà: venderà la casa cedendo anche il contratto di locazione a qualcuno che acquista a scopo di investimento.
L’articolo 1599 del codice civile dispone infatti che il trasferimento a titolo particolare (di compravendita ad esempio) della cosa locata comporta l’opponibilità al terzo acquirente del contratto di locazione che abbia data certa anteriore rispetto all’atto di alienazione.
3. l’inquilino vorrebbe essere collaborativo ma non può materialmente permettersi di affrontare le spese (e lo stress) di un trasloco che potrebbe altresì evitarsi.
In questo caso, più che la legge, entra in gioco il buon senso. Se si sono sempre mantenuti i buoni rapporti tra locatore e locatario e non ci sono insolvenze da alcuna delle due parti, il proprietario di casa potrebbe agevolare il processo di trasferimento proponendo uno sconto sulle ultime mensilità di affitto, aiutando l’inquilino a trovare una sistemazione equivalente oppure offrendosi di pagare i costi del trasloco con la liquidità entrata dalla vendita.
4. L’inquilino non è collaborativo e il nuovo acquirente non compra a scopo di investimento ma per utilizzo personale.
Ovviamente, chi acquista una casa per andarci ad abitare, non ha nessuna voglia di attendere le esigenze di chi la occupa attualmente. In questo caso, l’unico modo da parte dell’acquirente di prenderne subito possesso è liquidare il contratto di locazione proponendosi di pagare al locatario il corrispettivo di tutte le mensilità che mancano alla scadenza del contratto.
Se anche questa proposta dovesse essere rifiutata, l’acquirente non avrà altra scelta che attendere la risoluzione del contratto.
Se la disdetta da parte del locatore rispetta invece i tempi previsti dalla legge, alla prima scadenza contrattuale, sarà comunque valida solo per uno dei motivi previsti dall’art. 3 comma 1 della legge 431/98.
Fra tali motivazioni rientra anche quella di vendita dell’immobile, a condizione che il locatore non disponga di altro immobile di proprietà, oltre a quello eventualmente adibito a sua abitazione principale.
ATTENZIONE ALLE CLAUSOLE
Altro aspetto da tenere in conto è l’eventuale presenza di una clausola, nel contratto di locazione, che sancisca espressamente lo scioglimento dello stesso per intervenuta alienazione del bene (articolo 1603 cc).
In questo caso l’acquirente potrà avvalersi della facoltà di dare al conduttore licenza per finita locazione con il preavviso previsto dalla legge (articolo 1596 cc). L’inquilino sarà obbligato a liberare l’immobile e a lui non spetterà alcun risarcimento del danno.
IL DIRITTO DI PRELAZIONE
In base a quanto previsto dalla Legge n. 431 del 1998 di riforma delle locazioni, in caso di vendita dell’immobile adibito ad uso abitativo, a condizione che il locatore non abbia la proprietà di altro immobile ad uso abitativo oltre a quello adibito a propria abitazione principale, il conduttore può vantare un diritto di prelazione: in base a questo principio, l’inquilino deve avere una posizione di preferenza nella vendita rispetto ad altri possibili acquirenti.
La prelazione può essere:
- legale, se originata da una legge (il diritto è sancito dalla legge di riforma delle locazioni n. 431 del 1998, alla lettera g dell’articolo 3)
- volontaria, quando deriva da un accordo tra le parti.
Non può invece essere inserita nel contratto una clausola con la quale si chiede al conduttore di rinunciare al diritto.
Attenzione però: qualora l’immobile locato sia in comproprietà con altre persone a titolo di comunione ereditaria oppure quando la vendita debba avvenire in favore del coniuge del locatore o di parenti entro il secondo grado, al conduttore non spetta alcun diritto di prelazione. Nel primo caso prevale il diritto di prelazione dei coeredi riconosciuto dall’articolo 732 del codice civile.
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